Non ho ne la presunzione ne il tempo di riuscire a raccogliere in maniera sistematica la mole di notizie e fatti attinenti alla disinformazione che affligge la cannabis, e non potrei certo farlo in un solo articolo. Disinformazione a volte abilmente manovrata, come è successo in passato, e ancora capita. Altre volte disinformazione in buona fede, anche se è sempre discutibile la fede di chi informa male perché si informa poco e male.

Il giornalista, o blogger che sia, che abbia etica e onestà intellettuale, prima di scrivere qualcosa verifica le notizie, cita le fonti, e soprattutto quando scrive lo fa bene, badando sia alla sintassi che alla semantica. Resta il fatto che sulla cannabis sono circolate e circolano così tante notizie false o ambigue, che possiamo anche giustificare alcuni giornalisti, ma tendenzialmente l’informazione fa schifo perché molti di loro fanno schifo, soprattutto parlando di cannabis. Non tutti per carità, ma la situazione è davvero nera in generale e la disinformazione è sempre a portata di mano.

Esempio di disinformazione del passato in cui si demonizzava la cannabis sostenendo lapalissiane falsità, sono gli spot con cui negli States si inizio a creare nell’opinione pubblica un’avversione verso questa pianta meno dannosa della vite, certo per il fegato

Quest’articolo ha questo titolo perché è il secondo articolo dell’appena nata sezione “Cannabis e Disinformazione”, che qui vi presentiamo, avendo omesso di farlo nel primo articolo. In questa sezione, indicheremo le informazioni errate trovate in rete sulla cannabis, denunciando appunto le inesattezze su un argomento così delicato che impatta sulla salute del pubblico.

Il primo articolo di questa rubrica, lo abbiamo scritto giorni fa e riguarda una piccola, ma inaccettabile, imprecisione da parte dell’OMS nel definire cosa sia l’hashish.

Un aperitivo di disinformazione sulle percentuali di THC nella “cannabis light”

Tanto per gradire in questo secondo articolo sulla disinformazione che interessa il mondo della cannabis voglio riportare tre siti in cui gli autori hanno scritto che la cosiddetta “cannabis light” contiene una percentuale di THC che va dallo 0.2% allo 0.6%, affermazione inesatta e stupida. Per ogni articolo vi riporto la frase con l’affermazione in questione.

https://www.lastampa.it/2018/07/13/scienza/cannabis-light-uguale-a-quella-terapeutica-no-ed-ecco-perch-la-sanit-contraria-alla-vendita-mBMCFqexlx48svokffbELK/pagina.html

Per cannabis light si intendono tutti quei preparati in cui le concentrazioni di THC, ovvero la sostanza responsabile dell’effetto psicotropo, sono comprese tra lo 0,2% e lo 0,6%

lastampa.it Salute

https://www.ecodibergamo.it/stories/Editoriale/e-inutile-illudersila-cannabis-fa-male_1282451_11/

Anche perché il limite di Thc previsto dalla legge (0,2-0,6%) «non è trascurabile». I fautori dell’antiproibizionismo grideranno all’oscurantismo ma in realtà si tratta di una scelta saggia fondata su nozioni scientifiche e non, diciamo così, «impressionistiche» o sociali. La percentuale del Thc, che spesso gli spacciatori fanno crescere in laboratorio, è quasi sempre dannosa.

Eco di Bergamo
https://www.tempi.it/quattroruote-studio-test-cannabis-light-droga/

Questi negozi pretendono di vendere prodotti, agroalimentari e non, a base di canapa “light”, leggera, cioè a basso contenuto di Thc (0,2-0,6%)

tempi.it

Io dico, ma non viene il dubbio a questi “signori” che se indicano un range del genere, poi non saprebbero definire la cannabis che dovesse contenere lo 0.15% di THC, ad esempio, percentuale di THC di tanta “cannabis light” venduta in giro. Basterebbe leggere la legge o le leggi per sapere che in realtà bisogna piantare cannabis che produca THC inferiore allo 0,2%, poi se la concentrazione di THC dovesse essere superiore a quella prevista, perché la natura la controlli fino ad un certo punto e comunque gli imprevisti capitano sempre, allora è prevista una tolleranza sino allo 0.6%; oltre questo valore si procede alla confisca e alla distruzione del raccolto.

Legge poco chiara sulle percentuali di THC dei prodotti in vendita

Tra l’altro si sono già creati numerosi problemi nell’interpretare se si potesse vendere cannabis con percentuale di THC superiore allo 0,2%, ma inferiore a 0,6%. Se è possibile produrla direi che è possibile anche venderla, ma pensate sempre che parliamo di leggi fatte per regolamentare la cannabis per gli utilizzi tecnici e non per farsi le canne. E quindi a tutt’oggi non ho ancora visto una risposta chiara sul se sia lecito vendere cannabis con THC tra lo 0,2% e lo 0,6%. Sta di fatto che sul web è facile trovarla, ma nei negozi in genere si trova solo con THC fino allo 0,2%. Altro che il range indicato allegramente dagli autori degli articoli indicati. In ogni caso quelli sono giusto i primi tre capitati, ce ne saranno molti di più a sostenere quest’imprecisione su un argomento così importante, visto che si rischia con la legge, oltre che con la salute, parlando di cannabis.

Inferiore allo 0,2% per la cassazione

Ad esempio in un articolo del Manifesto dello scorso dicembre si dice che la cassazione sostiene che la vendita di prodotti derivati dalla cannabis industriale, ovvero quella «light» regolata dalla legge 242/2016, è possibile laddove il limite dello 0,2% del principio attivo psicotropo (THC) sia rispettato.

https://ilmanifesto.it/cannabis-light-per-la-cassazione-lo-02-e-legale/

La Corte dice anche che per la contestazione dello spaccio non è sufficiente superare tale limite, ma è necessario che si superi «l’effetto drogante rilevabile», fissato in giurisprudenza allo 0,5%. Le motivazioni forse potranno chiarire ancora meglio il quadro sugli usi consentiti per le infiorescenze. Si conferma comunque l’interpretazione (cfr. Bulleri, il manifesto del 30/5/2018) che sosteneva che il limite dello 0,6% fosse una semplice clausola di salvaguardia dalle conseguenze penali per il coltivatore che si fosse trovato, per le normali variazioni colturali della canapa, con piante che in campo superassero tale limite. Questo mette fuori dalla legalità i prodotti che in questi mesi di incertezza normativa avevano giocato sulla forbice 0,2/0,6% di Thc per stare sul mercato.

Il Manifesto

Direi quindi che la “cannabis light” per la legge non è affatto quella con THC tra 0,2% e 0,6%, e anche se c’è poca chiarezza, e questa sentenza è recente, gli autori degli articoli indicati sopra sono stati comunque dei gran beoti, perché nessuna legge indicava quel range come quello della “cannabis light”, oltre a non avere senso come già detto, visto che la gran parte della “cannabis light” venduta ha valori di THC tra 0 e lo 0,2%!

Concludendo, posto che sicuramente le leggi in vigore in merito vanno migliorate, prendendo atto del fenomeno “cannabis light” e regolamentandolo meglio ed in maniera più chiara, sarebbe opportuno che gli organi d’informazione chiariscano e non rendano più oscure leggi già di per loro poco chiare.

Dottore in Ingegneria Informatica, laureatosi con una tesi di ricerca sviluppata presso IMMCNR di Lecce sul riconoscimento biometrico utilizzando il pattern dell’iride umana, web developer e web marketer presso la web agency Web Lab24, docente di “scienze e tecnologie informatiche” presso la Scuola. Uomo di scienza, convinto antiproibizionista e utilizzatore di cannabis da oltre venti anni. Un cittadino in attesa di leggi più giuste e in attesa di ristori.